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Giulio Guidorizzi è professore all'Università di Torino dove insegna teatro e drammaturgia dell'antichità. Si è occupato soprattutto di teatro classico, poesia ellenistica, critica letteraria, mitologia e antropologia del mondo antico. Ha pubblicato tra l'altro un'edizione commentata delle Baccanti di Euripide (1989) e Introduzione al teatro greco (2002). Ha curato Il sogno in Grecia (1988) e i volumi La Metafora (con Simone Beta, 2001) e il Mito di Edipo (con Maurizio Bettini, 2004). Ha tradotto il Sublime (1991), gli Epigrammi di Meleagro (1992), la Biblioteca di Apollodoro (1995), lo Ione e le Troiane di Euripide (2001), i Miti di Igino con un ampio commento (2001). È autore de Il mondo letterario greco in 3 volumi (2000) e di una Letteratura greca (2002). Per la Fondazione Valla ha curato le Nuvole di Aristofane (1995) e l'Edipo a Colono (con Guido Avezzù, 2008). I suoi ultimi lavori si collegano idealmente ai suoi studi sul sogno, ancora a sottolineare l'interesse per la psicologia storica, e annoverano accanto al primo volume di Il mito greco (2009) dedicato agli dèi - il secondo (in preparazione) riguarderà gli eroi - il recentissimo Ai confini dell'anima. I Greci e la follia (2010).
Ai confini dell'anima. I Greci e la follia
Nella Grecia delle origini la follia non fu solo malattia, ma mezzo per forzare i limiti dell'anima e dilatare la personalità. Faceva parte dell'esperienza religiosa, stava alla base dell'attività di profeti e persino di politici, era la voce degli oracoli. C'era metodo in quella pazzia: ispirava poeti e cantori, né mancavano culti estatici, come quello di Dioniso, in cui gli adepti avevano esperienze visionarie, come tuttora avviene nei riti di possessione diffusi in numerose altre civiltà. In Grecia i pazzi non venivano reclusi: piuttosto la società era capace di modellare la follia al proprio interno, sfruttandola in modo creativo. Questo libro mostra quanto la stessa civiltà dell'Occidente debba alla non-ragione.
Franco Maiullari è medico, psichiatra per bambini e adolescenti, psicoterapeuta adleriano, responsabile del Servizio medico-psicologico di Locarno e del relativo Centro psico-educativo. Cultore della filologia greca, in questo ambito ha prodotto numerosi contributi, tra cui L'interpretazione anamorfica dell'Edipo Re (1999), con traduzione e analisi testuale della tragedia sofoclea, e Omero anti-Omero (2004), un lavoro sui poemi omerici. In campo psicoanalitico e di psicologia storica i suoi principali contributi sono costituiti da Simbolo e sogno nell'età evolutiva (1978), Edipo e Teseo, storia di un doppio mimetico. Violenza e creatività all'origine della famiglia e dell'individuo (1993), e i più recenti Il trauma e la cura, un eterno ritorno. Saggio sopra alcune conoscenze psicologiche nella Grecia antica (2008), Il mito e le passioni. Introduzione alla mitologia greca e prospettive analitiche adleriane (2009). Nel 2007 ha organizzato a Locarno un Convegno interdisciplinare sull'importanza del fattore "Trauma" nella cultura occidentale da Omero a oggi, con la partecipazione tra gli altri dello stesso Giulio Guidorizzi.
Perché mito e passioni oggi? Perché il mito e le passioni sono l'essenza stessa della vita psichica. Mito è racconto, sogno, utopia; è dare senso al mondo e credere in qualcosa che spieghi e orienti l'esistenza. La passione, invece, indica il colore e la direzione del movimento psichico, costruttivo o distruttivo, secondo tutte le sfumature di un ipotetico arcobaleno degli affetti. Ognuno costruisce i suoi miti individuali, in modo conscio e inconscio; può trattarsi di miti religiosi, laici, civili, politici, di miti assoluti, sacri, profani, letterari, a volte positivi e a volte negativi, comunque è sempre di mito che si vive e che si può anche morire. Esiste un rapporto tra mito e cura di sé? Gran parte del libro svolge in filigrana questa idea: dalla catarsi (di cui parla già Aristotele) che gli spettatori vivevano a teatro durante la messa in scena dei miti di dèi e di eroi, fino alle moderne cure psicologiche in cui si decide di andare a mettere in scena, ad esempio sul lettino di una stanza analitica, il mito personale che si cela nel teatro della mente.
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